Abstract
Genericamente parlando, sul romanzo francese degli ultimi venticinque anni incombe il segno della “perdita”. Perdita dei modelli, perdita delle certezze e delle ideologie, perdita delle motivazioni: a questo senso diffuso di deperdizione fa da contrappunto l’aggrapparsi alle cose, ai luoghi, alle persone del passato, sia nel campo dell’immaginario o dello pseudorealistico, sia nelle varie interpretazioni della biografia e dell’autobiografia. Da Michon a Bon, da Juliet a Ernoux e altri, il passato è soggetto a rievocazione quando non a bilanci. E, per avvicinarci gradualmente al nostro soggetto, spesso e volentieri nella scrittura, viene sottoposta a dissezione la figura paterna. Perduto perché semplicemente defunto, perduto perché defunto senza essere stato apprezzato, perduto per aver preferito la fuga, il padre sembra il genitore che ha maggiormente inciso sull’autore e che anche, e per grande beneficio del romanziere, è diventato materia di scrittura e conseguentemente di pubblicazione. E che ne è della madre?
Riferimenti bibliografici
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